La voluminosa produzione di disegni testimonia la continua ricerca e sperimentazione che Vivarelli ha condotto nel corso della sua attività anche in questo settore. La produzione di disegni sintetizza efficacemente la sua inesausta attività di ricerca di nuove forme e linguaggi espressivi che spaziano da ritratti di grande forza espressiva, a paesaggi e singole realtà vegetali, come i ricorrenti studi sugli alberi.

Pur essendo la maggior parte dei disegni opere d’arte compiute a sé stanti, si avverte in particolari casi che questi sono nati per rappresentare un’intuizione di un progetto scultoreo che l’artista ha fissato su carta. Il critico d’arte e di architettura Francesco Gurrieri approfondisce tale distinzione: «[…] i tanti ritratti di Vivarelli fino a tutti gli anni ‘50, sono condotti sì con sapienza grafica, ma con un obiettivo di intrinseca definizione, pezzi quasi finiti e finiti in se stessi; altra cosa è invece per tutta l’altra grafica a partire dagli anni ‘60. E per questo è inevitabile, anche per Vivarelli, tornare a pensare, che cioè il disegno abbia una funzione pratica del processo esecutivo di un’opera, che esso cioè sia solo la fase iniziale preparatoria dell’operazione artistica, sia sul versante del fare pittorico che su quello – a maggior ragione – scultoreo».

Seguendo questo ragionamento, i disegni di Jorio possono essere classificati in tre tipologie.

Autoritratto 1952 inv. n°236

Alberi 1957 inv. n°1113

Le sbarre, 1971

Il disegno per il disegno

Dagli anni Quaranta fino agli anni Settanta Vivarelli si dedica al disegno dal vero celebrando la sua terra e le persone che lo circondano. I primi disegni colpiscono per l’essenzialità, l’artista cattura con estrema sincerità ed immediatezza scene di vita quotidiana, in particolare quella dei contadini. Dopo gli anni della guerra, Jorio torna a disegnare sfumando con pastelli e matite i volti dei contadini, nudi classici, alberi contorti e nodosi, e scenari paesaggistici come quelli ritratti in Podere (1950) e in Paesaggio (1949).

Nei ritratti degli anni Cinquanta l’introspezione psicologica si fa più intensa. Jorio rappresenta un’umanità che si sta pietrificando, accentua il chiaroscuro nella parte inferiore dei volti e ritrae sguardi abbassati, rughe intorno a bocche serrate che diventano il punto focale di tutta la raffigurazione. Tale pietrificazione si riflette nella scultura di quegli anni, soprattutto nelle opere La Terra (1951) e Colona toscana (1952).

Negli anni Settanta la rappresentazione grafica si carica di una forte drammaticità. Il tratto arriva a spezzarsi in una pioggia di segni a tal punto che l’immagine frantumata deve essere ricomposta dall’occhio dell’osservatore, come si può ben notare nella serie Le sbarre (1971).

Ritratto 1952 inv. n°235

Il disegno destinato alla progettazione scultorea

Vengono così classificati quei disegni che racchiudono in sé l’idea di progetti che prenderanno poi forma nel bronzo, nella pietra e nei vari materiali usati da Vivarelli, ma anche di quei progetti che non verranno mai realizzati.

Tra le opere giovanili meritano una citazione particolare Studio per bassorilievo del 1945 divenuto poi il bozzetto de I mali della guerra e le opere della pace che nel 1949 verrà realizzato per le Officine Galileo di Firenze, e Studio per pietra del 1951 che nello stesso anno diventerà la famosa scultura La Terra.

Indubbiamente l’iconografia del Cristo è tra i principali protagonisti dei disegni degli anni Cinquanta. La prima rappresentazione grafica per il crocifisso della Chiesa della Vergine di Michelucci viene schizzato di getto da Jorio su una busta gialla mentre si trova alla stazione ferroviaria di Firenze. Seguono poi svariati studi di particolari che condurranno l’artista alla finale rappresentazione di un Cristo rivoluzionario, reso come un organismo vivente pieno di dolore e pathos. Negli anni successivi il Cristo verrà raffigurato nel ciclo Memoria con il volto deformato dalla sofferenza e con colori dal vigore espressionistico.

Negli anni Sessanta, in seguito alla nascita del sodalizio artistico con l’architetto Stonorov, la ricerca di Vivarelli assume nuove direzioni: invece di un approccio intimistico incentrato sulla psicologia umana dei ritratti, lo studio assume connotati progettuali di grande respiro, necessari per la realizzazione di opere destinate a spazi pubblici. È il caso dei disegni per la fontana Riti di Primavera (1964) di Philadelphia, purtroppo mai compiuta.

Crocifissione (studio) 1956 inv. n° 1450

Memoria 1965 inv. n°1264

Studio per fontana 1964 inv. n°1452

Memoria storica (la morte) 1973 inv. n°1338

Studio per scultura (Ponte Buggianese-Parabola storica 9 1986) inv. n°1516bis

Studio per scultura (Ponte Buggianese-Parabola storica 9 1986) inv. n°1516

Il disegno come immaginazione e fantasia

In questa serie di disegni Jorio sfoga la sua creatività per indagare gli effetti deformanti che si creano dall’analogia tra natura e uomo. Le opere del periodo delle gemmazioni fanno parte del processo di sperimentazione e di innovazione immaginativa che portano ad un dialogo tra la natura primitiva e la scultura antropomorfa. Un esempio di tale percorso creativo è dato dai vari disegni della rotula del Crocifisso che diventano sperimentazione per elementi nodali di tronchi e radici, tramutandosi infine in gemmazioni. Nella serie Le radici, come spiega lo stesso Vivarelli: «La radice è indizio, o se vogliamo metafora ricchissima della condizione umana, condizione intesa come parabola, cioè una corrispondenza profonda tra uomo e natura. Dentro di noi c’è un universo. Il microcosmo ripete il macrocosmo». Ritroviamo le radici anche nel monumento a Giacomo Matteotti del 1974, in cui stanno a significare simbolicamente la morte.

Nel periodo dell’uomo-nuovo, con il ciclo delle Pietre dei Saggi Vivarelli ha voluto rappresentare la speranza che in un futuro utopistico senza povertà e guerre l’uomo sia privo di dualità e conflitti interiori. In questa fase il disegno si mostra nella sua totale funzione concettuale.

Testo e immagini da:
V. Ferretti Jorio Vivarelli. Disegni 1940-1986, Verona, Edizioni Ghelfi, 2006;
V. Ferretti Jorio Vivarelli scultore. La materia della vita, Verona, Edizioni d’arte Ghelfi, 2007