Oggi la scultura parla solo a chi frequenta le gallerie. È tempo di portarla nelle piazze delle grandi città
Jorio Vivarelli, intervista per “Il Giornale del mattino”, 1963

Vivarelli, un operaio della fonderia Michelucci, Stonorov e la figlia Taskia a Pistoia, 1969

Il punto di partenza per Vivarelli è la fonderia di Renzo Michelucci di Pistoia (fratello dell’architetto Giovanni Michelucci), luogo che l’architetto Stonorov ricorderà qualche anno più tardi con queste parole: «La fonderia di Renzo Michelucci fin da allora era nel cuore di molti artisti, essendo, caso raro, il luogo dove ancora si poteva lavorare alla Bernini con artigiani sapienti». Fu da qui che Vivarelli negli anni ‘50  imparò ad essere moderno senza farsi condizionare dalle mode, rivelandosi scultore e artista come lo furono gli artigiani del passato.Lavorando fianco a fianco con architetti celebri come Oskar Stonorov e Giovanni Michelucci, Vivarelli crea opere che convivono in modo proporzionato con la natura, la città e l’architettura.

I progetti a cui Jorio collabora negli anni ‘60 si caratterizzano infatti per l’integrazione di edifici e monumenti scultorei in quartieri urbani, tenendo conto del benessere degli abitanti, della mobilità e dei mezzi di trasporto. Ciò è ben visibile nella fontana Riti di Primavera che avrebbe dovuto fungere da spartitraffico per piazza Kennedy a Philadelphia. Il progetto della fontana di Vivarelli trae ispirazione dai temi musicali del compositore russo Stravinskij ed è stata pensata in bronzo con un’altezza di otto metri. Pur essendo l’opera vincitrice, su ben 194 progetti, del premio Città di Philadelphia del 1964 non è stata mai realizzata a causa della morte precoce dell’architetto Stonorov.

Riti di Primavera, 1964

Bagnanti, Missouri 1967

La città di Philadelphia, vanta comunque la presenza dell’opera Ragazze Toscane (1966), fontana ideata in collaborazione tra Stonorov e Vivarelli. Il gruppo architettonico è alto nove metri ed è collocato in un’area di grande passaggio della città all’esterno dell’ultimo grattacielo progettato dall’architetto Stonorov.

Come è possibile intuire, Stonorov è un’amante delle grandi fontane, simbolo di giovinezza. Infatti tra il 1966 e il ‘67 l’architetto e lo scultore realizzano le due fontane Adamo ed Eva  per il cortile interno di Hopkinson House di Philadelphia e Le bagnanti  per lo Stevens College di Columbia in Missouri, nella quale i corpi longilinei, guizzanti insieme all’acqua celebrano la giovanile spensieratezza.

Jorio ha voluto trasmettere il messaggio di integrazione tra le arti, soprattutto tra scultura e architettura moderna, anche alle nuove generazioni. Si è impegnato a lungo durante la sua carriera da docente nell’insegnamento inteso come educazione delle coscienze e alla sensibilità sociale, come ricorda un suo ex-allievo, Roberto Giovannelli: «Vivarelli univa una molteplicità di interessi connessi al tema della scultura e della funzione moderna dello spazio urbano che collocava il lavoro e l’impegno civile dell’artista su di un orizzonte di respiro internazionale».

La morte, particolare Monumento a Matteotti 1974

Posa in opera Monumento a Matteotti, Roma 1974.

Secondo Franca Lombardi Del Roso, Vivarelli è l’unico firmatario del gruppo Intrarealista che ha proseguito in proprio il programma di ricerca del movimento, anche quando questo si era già sciolto. Il Manifesto dell’Intrarealismo invita a spingersi al di là delle facili seduzioni dell’apparenza, per mettere a nudo, come propone Jorio «con piena libertà di coscienza, il pensiero umano universale» che si esprime nell’arte. Infatti, a partire degli anni ‘70 Jorio infonde nelle opere monumentali un profondo impegno civile e una sensibilità verso temi sociali universali. Vuole suscitare riflessione e ammonimento, sollecitando un pubblico osservatore e critico a cogliere l’impegno civile intrinseco alle sue opere.

Il monumento a Giacomo Matteotti è un esempio di questa poetica. Nel 1974 Vivarelli viene incaricato dalla Fondazione Matteotti di Roma di creare un’opera commemorativa in occasione della ricorrenza dell’uccisione del politico socialista nel luogo del suo rapimento, Lungotevere Arnaldo da Brescia. Più che sull’immagine di Matteotti, Jorio si concentra sul ricordo del suo pensiero. La statua alta sedici metri si compone di due elementi: l’elemento orizzontale rappresenta la morte dell’uomo, mentre la lama verticale indica la vita, la nascita della speranza, una gemma che contiene il  simbolo della libertà e la perenne memoria dei valori testimoniati da Matteotti nella sua vita e sintetizzati nella frase «Voi uccidete me, ma l’idea che è in me non muore».

In collaborazione con l’architetto Bassi, Vivarelli realizza il Monumento ai caduti della strada, Conforto (1963), il Monumento ai caduti di Pistoia (1966) e il Monumento ad Alcide De Gasperi, Unità Europea (1967)

In Conforto Vivarelli salda un gruppo di figure femminili in un blocco compatto, drammatico, che è «compressione del dolore prima ancora che grido». Il monumento infatti è stato commissionato dalla Famiglia Lenzi per ricordare il figlio Guido morto in un incidente automobilistico. Inizialmente la scultura è stata eretta tra le frazioni di Barba e Bottegone, vicino al luogo dell’incidente, poi è stata spostata a Quarrata in via Trieste. Dalle precedenti piccole sculture Espressioni umane (1958) e Madri (1959), si può notare che Vivarelli aveva già in mente il soggetto di un gruppo di donne unito in un abbraccio solidale, di conforto appunto. Ma solo in Conforto raggiunge il massimo della tragicità, stringendo le figure sconvolte come se appartenessero ad un unico corpo.

Conforto 1963 (particolare)

Il sacrificio, una morte per la vita, Fognano 1979

Un’altra opera simbolo di rinascita è Il sacrificio – Una morte per la vita, prima scultura del ciclo Pietre dei saggi. Nel 1979, Jorio progetta per la sua città natale, Fognano (Pistoia), questo monumento che lui stesso definisce: «Una scultura-altare che porta, in una lama d’acciaio, un atto di violenza. La lama spezza un frutto di questa terra. Tutto sembrerebbe concluso nell’immobilità della morte. Ma poco lontano uno splendente seme di quel frutto si fa largo tra la materia. Lo lambisce una fontana che nutre questa promessa di nuova vita. Gli ulivi attorno rappresentano la drammaticità della vita così come il fatto artistico rafforza il senso di appartenenza ai propri luoghi».

L’arte di Vivarelli giunge anche in Giappone. Qui ha modo di donare alla città di Nagasaki un importante monumento omaggio ai caduti della bomba atomica del 1945, Inno alla Vita (1987), collocato nel Parco della Pace e simbolo di valori universali come il riscatto dell’umanità dal dolore e dalla morte. L’artista racconta così la genesi del monumento: «Ero da poco tornato dalla prigionia quando accadde Nagasaki. Non avrei mai creduto che un giorno sarebbe toccato a me pensare ad un’opera di questo genere. Ho scelto una figura di madre che, sebbene porti sul corpo tagli che indicano le ferite della guerra, proiettando suo figlio verso il cielo esprime un ‘Inno alla vita’ mentre quel bambino che tiene ben stretta in mano una colomba simboleggia un messaggio di pace. È la prima volta che rappresento un bambino. Egli tiene ben stretta la colomba come un giocattolo che per il bambino è una cosa seria. La donna è un’immagine universale, senza razza, colore, identità in modo tale da essere subito compresa da tutti».Prima il sindaco di Nagasaki e poi, nel 2002, l’imperatrice del Giappone verranno a visitare Pistoia e Villa Stonorov e a ringraziare di persona Vivarelli.

I coniugi Vivarelli ricevono la Principessa del Giappone Sayako a Villa Stonorov, 2002

Jorio lavora al modello per la fusione di Inno alla vita, 1987

Parabola storica-ultima sfida, Ponte Bugianese 1993

Jorio nel periodo creativo dell’Uomo nuovo esprime nella sua arte la speranza di una nuova umanità che partendo dalle sue ceneri, dagli orrori del passato possa rinascere senza guerre, discriminazioni e povertà. Infatti nel dittico bronzeo L’ultima Sfida (1993), l’artista chiama «linfa nuova» quella che dovrebbe scendere dalla fenditura profonda dell’Umanità, rappresentata simbolicamente ne La Stele, e percorre la via della resistenza per rivitalizzare il contenitore della nuova vita, raffigurata ne La Sfera. Come spiega lo stesso Vivarelli: «L’ho battezzata Parabola Storica perché si parte dalle guerre e dalle violenze di tutti i tempi per arrivare, con la “Strada della Resistenza”, ad un contenitore cosmico di terra – seme – vita, una specie di Nuova Genesi. L’artista deve stabilire un rapporto tra la propria opera e il suo tempo per cui deve rivelare, mediante la forma, i contenuti della storia contemporanea».

Bibliografia:
Jorio Vivarelli. Un ponte tra Firenze e le Americhe, a cura di Accademia delle arti del disegno e Fondazione Jorio Vivarelli, ed. Polistampa, Firenze, 2004.
Jorio Vivarelli e i grandi scultori del suo tempo a cura di A. Amendola, L. Caprile, E. Salvi, Pontedera, ed. Bandecchi & Vivaldi, 2017.
Jorio Vivarelli a Firenze. La seduzione della “Maniera” a cura di E. Salvi, Serravalle Pistoiese, ed. Alvivo Edizioni, 2019.
V. Ferretti, Jorio Vivarelli. Disegni 1940-1986, Verona, ed. Edizioni Ghelfi, 2006.
V. Ferretti, Jorio Vivarelli scultore. La materia della vita, Verona, ed. Edizioni d’arte Ghelfi, 2007.
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